Da Yellowstone al Wyoming: i luoghi della storia dei nativi americani

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Da: Redazione Mar 15, 2024

Come ripercorrere la storia dei nativi americani attraverso i luoghi simbolo

Religione, misticismo, simbolismo e antiche tradizioni sono gli ingredienti che, ancora oggi, affascinano coloro che si approcciano alla storia dei nativi americani e al loro modo di vivere. La loro è una storia segnata da sanguinose battaglie per la sopravvivenza, ma anche e soprattutto dall’orgoglio di far parte di un grande popolo, quello comunemente conosciuto come Pellerossa, i cui insediamenti risalgono ad oltre 20 mila anni fa.

Respirare l’atmosfera delle tribù è particolarmente suggestivo ed è possibile visitando le loro terre, quelle del South Dakota, in particolare delle Black Hills, una catena montuosa che si estende fino alla zona della Devils Tower, una regione che custodisce paesaggi mozzafiato ed emozioni uniche.

Dalla “scoperta dell’America” a oggi, la storia degli Indiani Nativi dell’America

Le tribù di indiani d’America cominciarono a popolare il nuovo continente moltissimo tempo prima allo sbarco di Cristoforo Colombo nel 1492, il quale sulle segnò l’inizio di un duro periodo per i nativi.

Nel 1500 le Grandi Pianure lungo il fiume Missouri erano abitate da varie tribù di Indiani Nativi che confluirono verso questa regione fertile da altre zone più inospitali degli attuali Stati Uniti d’America.

Nel 1803, quando la “Grande Nazione Sioux” occupava i territori centro-settentrionali, gli USA acquistarono dalla Francia la Louisiana e lo spostamento verso occidente che questo produsse portò allo sterminio di centinaia di migliaia di bufali, elemento essenziale per la sussistenza e il nutrimento delle popolazioni native.

Nel 1851, con il Trattato di Laramie, gli indiani garantirono ai bianchi un attraversamento sicuro delle loro terre in cambio di una tassa annuale di 50.000 USD, da corrispondersi per 10 anni; per le loro genti, gli indiani scelgono una zona ritenuta sacra a ridosso delle Back Hills, in South Dakota, dove concentrano i loro insediamenti.

Il Generale Custer, nel 1874, si recò con una spedizione nelle Black Hills per verificare la presenza dell’oro di cui aveva sentito parlare, che venne confermata; molte persone, quindi, affluirono in questa zona da altri stati, obbligando gli Indiani Nativi a retrocedere sempre più all’interno di zone circoscritte per mantenere e difendere il loro sistema di vita e le loro genti.
Come conseguenza di questo, i grandi capi indiani Toro Seduto e Cavallo Pazzo, insieme ad altri membri anziani delle tribù Cheyenne. si ribellarono e riuscirono a sconfiggere la 7° Cavalleria di Custer in una battaglia storica che avvenne a Little Big Horn nel Montana.

Ciò nonostante, nel 1877, con l’approvazione del trattato del 28 febbraio, gli USA requisirono milioni di acri della Grande Riserva Sioux, incluse le Black Hills. Cavallo Pazzo, il più grande ed eroico condottiero indiano, colui che più di ogni altro aveva cercato un dialogo ed una collaborazione pacifica con i bianchi, venne ucciso a Fort Robinson, nel Nebraska.

Nel 1889 gli Indiani Nativi vennero ammassati in aree ancora più limitate, con confini estremamente rigidi ed invalicabili.

Le tribù, allarmate ed impaurite, cominciarono a praticare la loro “Ghost Dance” nel tentativo di cercare aiuto dagli dèi, ma gli americani scambiarono questa pratica pacifica per l’inizio di una insurrezione generale e uccisero Toro Seduto all’interno della Standing Rock Reservation, per poi procedere al massacro di 250 indiani (principalmente donne e bambini) presso Wounded Knee.

Questo evento, ancora oggi ritenuto uno dei più cruenti della storia americana, anche a causa della fossa comune nella quale i corpi vennero ammonticchiati senza alcuna cura, segnò la fine della ribellione degli Indiani Nativi per la difesa del loro territorio e la loro rinuncia a voler cercare una qualche forma di reciproco rispetto con il popolo bianco.

Nel 1924 il Citizenship Act assegnò a tutti loro la cittadinanza americana, ma solo nel 1975 venne sancita la possibilità di intraprendere attività commerciali ufficiali e scambi bancari fra americani e indiani nativi.

Il 1991 venne dichiarato “Anno della Riconciliazione”, quando i 9 capi delle tribù, sopravvissute a Wounded Knee, posero la loro firma, ma solo nel 2010, fu annunciato l’Anno dell’Unità, per incentivare la “collaborazione, la comprensione e la riconciliazione” reciproche.

Il Crazy Horse Memorial, il monumento scolpito nella roccia in onore di Cavallo Pazzo

Uno dei luoghi simbolo che commemorano la storia dei nativi americani si trova, non a caso sulle Black Hills, nel South Dakota, ed è rappresentato dal Crazy Horse Memorial, un monumento dedicato a Cavallo Pazzo, una grande scultura ancora in costruzione.

Una volta completata sarà la più grande scultura nella roccia mai costruita,ben più alta delle Piramidi Egizie,  larga 195 metri ed alta 172. Solo per fare un paragone, le teste dei Presidenti scolpite sul Monte Rushmore sono alte “solo” 18 metri. Proprio per riparare alla “provocazione” di questo monumento dell’uomo bianco (costruito in territorio sacro indiano), nel 1939 i capi Lakota appoggiarono l’idea di uno scultore di Boston, Korczak Ziolkowski, intenzionato a onorare la memoria di quello che viene definito “l’ultimo Sioux”.

Nel 1940, Ziolkowski sottopose il modello della scultura da lui progettata al Capo “Orso in Piedi” ma solo nel 1946, dopo lunghe trattative, i nativi americani diedero il loro benestare, a patto che la scultura venisse realizzata nelle Black Hills.

La prima esplosione nella montagna, a inaugurare i lavori di scavo, avvenne il 3 giugno 1948, alla presenza di una decina di anziani reduci della battaglia di Little Big Horn. Lo scultore si impegnò affinché si trattasse di un progetto no-profit e per esso lavorò gratuitamente. Negli anni successivi venne stabilito un biglietto d’ingresso per chi volesse visitare il memoriale e lo stato di avanzamento dei lavori, garantendo però l’accesso gratuito ai nativi americani.

Ziolkowski morì nel 1990, circondato dalla moglie e dai 10 figli che lo avevano validamente aiutato nei lavori. Gli indiani lo onorarono come “uomo dalle grandi visioni” e i rappresentanti delle tribù delle Black Hills proclamarono: “Due razze diverse hanno perso un grand’uomo”.

La moglie dello scultore assunse la direzione dei lavori, progettando di terminarli entro il 2000. Purtroppo, però, i problemi sono di natura pratica: basti pensare che il solo disegno delle labbra di Cavallo Pazzo ha richiesto due anni di lavoro. A tutt’oggi il memoriale non è terminato, ma l’impresa continua, grazie allo strenuo lavoro dei 10 figli di Ziolkowski e delle molte fondazioni nel mondo che supportano l’iniziativa.

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Proprio per fare un salto nella storia dei nativi americani (e non solo), noi di UTAT viaggi abbiamo ideato dei tour che permettono di visitare i luoghi simbolo che hanno fatto da cornice agli avvenimenti più importanti e presso i quali viene reso onore agli indiani d’America.

Con il “Tour Cow boys and indians”, oltre al Crazy Horse Memorial andremo alla scoperta, attraversando le Black Hills, anche del Mount Rushmore con i quattro volti dei presidenti americani scolpiti e si prosegue verso il Wyoming, presso la Devil’s Tower, considerata una montagna sacra dagli indiani nativi, formatosi grazie al dono di un grande spirito che la eresse per salvare alcune giovani indiane in fuga da un orso gigante. In alternativa, puoi scegliere di partecipare al tour “La grande Frontiera e le Montagne Rocciose” grazie al quale vivere le tradizioni native, le atmosfere del Vecchio West di frontiera, l’epopea dei Cow Boys e della Corsa all’Oro, visitare lo Yellowstone Park, la Jackson Hole, un’ampia vallata con un’altitudine media intorno ai 2000 metri e tanti altri luoghi meravigliosi come Antelope Island, la più grande delle 10 isole di Salt Lake ed è abitata da grosse colonie di bisonti, introdotti nel lontano 1893.

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